giovedì 11 novembre 2010

Seminterrato macabro

E’ notte e assieme a una decina di amici ci buttiamo in un laghetto a nuotare e a fare gli stupidi, l’acqua calma e scura (ma pulita) del laghetto è coperta da foglie d’autunno, creando cosi’ una sorta di “pavimento” che noi disturbiamo con i nostri tuffi. Un faro alogeno bianco situato in un punto non ben precisato del laghetto ci illumina e ci permette di vedere al buio.
Usciamo dall’acqua e ci asciughiamo, entriamo in un edificio che pare essere una sorta di albergo/pensione/casa grande. Ci viene incontro una signora sui 50 anni, forse la padrona di casa o simile e ci mettiamo a chiacchierare con lei, è simpatica, disponibile e ci conosce gia’ tutti. Noi ci prepariamo e ci vestiamo probabilmente per la notte di halloween, siamo mascherati e abbiamo vestiti quasi completamente neri.
Siamo pronti per andare e non escludiamo di buttarci ancora in acqua per giocare ma... invece di andare in giro, decidiamo di fare una festa in una sala della casa.
La signora ci fa strada dicendo che ci puo’ portare in un’area della casa dove possiamo fare la nostra festa, ci guida verso una rampa di scalini che scendono oltre il piano terra in cui ci troviamo.
Entriamo in una sala piuttosto grande di pianta rettangolare e dal soffitto basso e dall’illuminazione al neon, i muri sono verdi, di quel verde spento tipico delle vecchie scuole. Ma la cosa che ci sorprende è che la stanza non è vuota: sistemate in modo ordinato, alla stessa distanza quasi da coprire l’intero pavimento e appoggiate su supporti metallici uguali a quattro gambe alti circa un metro si trovano tantissime  casse da morto. In mezzo alla stanza, a separare le ordinatissime casse da morto, vi è un passaggio centrale in cui si puo’ andare dall’altra parte della stanza. La disposizione delle casse è tale per cui si puo’ camminare sul pavimento vicino al muro e nel “corridoio” centrale, come in una platea teatrale.
Ci rimaniamo tutti male ma non cosi’ tanto da intristirci: la signora ci dice che possiamo fare festa qua dentro, e saltare e letteralmente camminare sulle casse se vogliamo. La cosa che noto, con mio ribrezzo, è che le casse da morto sono in stato piu’ o meno mediocre, e che dentro vi sono dei morti veri, piu’ o meno decomposti. Infine, in questa sala, vi è il tipico olezzo di cadavere che rende l’aria pesante e un pochino umida.
Io salto da una bara all’altra, notando che il legno si rompe sotto il mio peso, alcune bare hanno dei buchi sul coperchio da cui si intravede un vestito e della carne decomposta di un cadavere... altri miei amici scoprono una bara completamente aperta nel cui interno vi sono ossa sistemate alla rinfusa. Insomma la nostra festa è rovinata e quel posto è deprimente, e siamo in compagnia di tutti questi defunti sistemati ordinatamente!!!
A un certo punto ritroviamo, sistemata su una sdraio rossa all’inizio del “corridoio” centrale, la signora che ci ha accolti: è distesa, con la testa piegata su un fianco e la pelle leggermente sudata e sembra che dorma. Una vecchina, vicina alla sdraio, ci dice che la signora è appena morta e che forse l’unica cosa giusta da fare in questa sala piena di morti e pregare per la signora appena deceduta e per i suoi parenti, cosi’ che possa riposare definitivamente insieme a loro e a tutti gli altri che occupano questa sala. Vado verso un lato di questa sala e vicino a una bara (completamente chiusa e ancora lucida) faccio alcune preghiere per questa donna. Tuttavia, sebbene l’atmosfera non sia certo allegra, stare li dentro non mi turba piu’ di tanto, di certo pero’ non è un posto dove ci sto volentieri!!!

mercoledì 3 novembre 2010

Mantova, 1984

Ho deciso di fare un salto indietro nel tempo, dal 2010 tornare al 1984 e visitare il luogo in cui ho lavorato fino a poco tempo fa. E’ un capriccio, uno sfizio generato dalla curiosità di vedere come era il posto in cui ho fatto tante bellissime cose e conosciuto persone interessanti.
E cosi’, assumendo le sembianze di un militare mi ritrovo in pochi secondi dietro piazza Sordello in un pomeriggio soleggiato di fine primavera (maggio 1984) e contatto l’amministratore del condominio per farmi dare la chiave per l’accesso alle sale di questo ex monastero. Sono in incognito e non devo destare sospetto nei confronti di alcun individuo che vive in questa “epoca”, la cosa mi diverte.
Arriva l’amministratore, un uomo sulla 50ina con occhiali grossi e lenti spesse tipici di quegli anni e mi porge una chiave con legato un bigliettino di cartoncino.
Finalmente apro la porta e guardo l’ambiente con rispettoso silenzio misto a meraviglia: dentro questo posto c’era un ristorante, abbandonato gia’ in quell’anno e lasciato intatto. Nella prima stanza, stretta e lunga dal soffitto alto, vi è una la zona dove si ricevono i clienti e ci sta il bancone, sulla parete alla mia destra c’e’ un grande caminetto che è un tutt’uno con la parete, e’ bellissimo e noto con dispiacere che negli anni è stato rimosso, perchè nel 2010 non c’e’ piu’. Passo al salone piu’ grande: ci sono ancora tutti i tavoli quadrati disposti in ordine, con le sedie. Ci sono quadri e uno specchio grande attaccato alla parete: tutto è silenzioso e poca è la luce che entra in questa sala, guardo con meraviglia tutto questo e non mi permetto neanche di camminare per questa sala: mi basta vederla cosi’ e immaginare che cosa mi sarei messo a fare li’ nellos tesso luogo ben 25 anni dopo.
Ritorno verso l’uscita cercando in un angolo della prima stanza una porticina nel muro: la scorgo, sta in fondo, in un angolino. E’ una porta piccola di legno che conduce ai sotterranei: rabbrividisco un po’ pensando a cosa si possa trovare la sotto e provo un misto di curiosita’ e grande terrore, chissa’ se un giorno riusciro’ a entrarvi...
Esco dallo spazio e mi viene incontro della gente del luogo incuriosita dalla mia presenza, io spiego che sono li’ per rivalutare l’area e per riuscire a fare qualcosa di utile e interessante, perchè non è possibile abbandonare un edificio cosi’ bello a se stesso. Mentre parliamo ci dirigiamo all’interno di un’altra sala abbandonata (separata dal “ristorante” che ho appena visitato) e ci rimettiamo a discutere sull’argomento. Una signora bassa, anziana viene da me e si lamenta del fatto che non venga valorizzato quell’edificio, le do ragione e le prometto che un giorno vedra’ diversi giovani andare e venire da li’. Altre persone mi fanno la stessa domanda e discutendo io volutamente mi metto a parlare del progresso tecnologico in atto e che l’informatica sara’ ovunque: spiego in modo generale e non troppo dettagliato (per non destare sospetto, oltre al fatto che nel 1984 l’informatica era ancora qualcosa di quasi sconosciuto in Italia) che cosa ci aspetta nel futuro, negli anni 90 e nei primi anni 2000, loro ascoltano meravigliati e increduli. Io faccio un po’ da cicerone, faccio a loro degli esempi, li incanto con i miei discorsi da fantascienza. Menomale che mi ascoltano e non si lasciano insospettire, ancora non mi hanno chiesto chi sono e da dove vengo, sarebbe difficile rispondere, mica posso dire che vengo dal 2010!!!
Finalmente tutti se ne vanno soddisfatti e guardando gli edifici intorno a me di questa piazzetta non posso fare altro che fare un sorriso e immaginare che questi luoghi mantenuti male li ho gia’ visti 25 anni dopo gia’ restaurati e con me stesso dentro a passare un bel periodo.