giovedì 28 febbraio 2008

Ho scoperto che mi manca ancora una parte di esame da fare nonostante la laurea, mi manca l'orale di Analisi 2. La cosa mi mette angoscia, perchè nella mia coscienza tutto era a posto e avevo assolto il mio dovere...e invece no, un mio amico che non ho mai visto in vita mia mi fa notare questo e mi tira fuori il libro dove dovrò studiare di nuovo tutta quella materia piena di formalismi spinti e teoremi da imparare a memoria. Pessimo. Sfoglio qualche pagina del libro e tra equazioni e formule trovo una definizione di una funzione che non ho mai visto. La guardo con curiosità, ha un nome pittoresco (si sa, i matematici sono fatti così: briciole di fantasia pura in mezzo a un oceano profondo di formalismi) e tra me e me penso che non sarà difficile impararla. Pero' tutto il resto, le pagine di simboli e ragionamenti mi mettono angoscia: non mi va di studiare ancora questa roba sebbene sia "importante". Scopro pure che il professore titolare del corso che mi interrogherà è quello che se ne era andato e aveva lasciato il posto a una professoressa meno severa e pignola nello svolgere gli esami. Questa storia dell'esame va avanti per un po', cosi' mi trovo a parlare con persone più o meno sconosciute della mia situazione universitaria e del futuro lavoro che mi aspetta. Ecco che compare G. che mi racconta altri particolari della lavorazione del metallo, mi fa vedere dei serbatoi piccoli pieni di sassi in cui si smussano gli angoli delle scritte metalliche, e sebbene la cosa mi interessi non posso fare altro che pensare a quel cavolo di orale che viene prima di tutto...Poi mi ritrovo in casa a suonare il pianoforte con amici accanto a me, le mie mani volano sulla tastiera dove melodie in tonalità maggiore (forse in DO dato che mi pare di schiacciare pochi tasti neri) allietano e fanno ballare un po' chi mi sta attorno, come nel mio solito mi esercito con qualche virtuosismo che le mie mani sanno fare piuttosto bene nonostante qualche volta un eccesso di gagliardezza mi faccia andare fuori tempo o mi faccia sbagliare, tuttavia è sempre una gioia suonare alla tastiera, ricordo di aver cominciato con una canzone di Vasco Rossi, forse era proprio "Vivere" che aveva quasi degli accordi da suonare con il pianoforte e poco "spartito" vero e proprio.
Mi ritrovo in una stanza che potrebbe assomigliare a un'aula studio dai muri di vetro che danno verso un cortile esterno bagnato dalla pioggia e con il cielo ancora grigio. Accanto a questo vetro la mia coscienza, trasformatasi in un ragazzo calmo e dallo sguardo sicuro, mi parla e mi dice che io faccio senza a fare l'esame perchè l'ho già fatto, che mi sono già laureato e che non devo fare assolutamente più nulla.

sabato 23 febbraio 2008

Secondo sogno del 23 febbraio 2008

La luna piena del 21 febbraio 2008 è particolare, è speciale! Va assolutamente immortalata con la mia Minolta Dimage A200 e per far ciò mi metto a girare, durante la notte, con una compagnia di ragazzi di Suzzara che conosco solo di vista e con cui normalmente non mi ci metterei mai ad uscire: sono tutte coppiette e a pelle non li sento "affini" ai miei interessi e al mio modo di vedere le cose, per il resto vanno bene per due chiacchiere o per occasioni come questa.
Così comincio a seguirli per strada e subito mi si para davanti uno spettacolo mozzafiato: il cielo, guardato in direzione della strada dritta (probabilmetne di campagna) , non è blu, è un verde scuro dato dalla luna. La luna è più vicina alla terra del solito, così vicina da apparire gigante e in continuo movimento, infatti gira "attorno" a noi e nel cielo compie un giro di 360 gradi, è difficile immortalarla perchè ha una velocità di "rotazione" piuttosto elevata per fare una foto. Ma la luminosità è particolare, la situazione è particolare... mi sento quasi turbato. E poi questa luna ha un anello attorno...insomma non sembra quasi la nostra luna.
Proseguiamo nella camminata per vederla meglio: è gigantesca, sembra che venga addosso alla terra. Poichè la luna si deve vedere bene per essere fotografata al meglio, ci ritroviamo d'un tratto a Parigi, perchè è il posto dove si vede meglio in assoluto. Sempre camminando, arriva l'alba e raggiungiamo una torre fatta con "cemento lunare", una sorta di materiale ricavato dalla luna con cui si è costruito questo monumento (che assomiglia alla torre Eiffel ma molto piu' piccola e bassa) in onore al nostro satellite naturale. La luna, vista "dietro" questa torre-monumento, è spettacolare, e vai di foto!!!! Si puo' stare sotto a questa torre manon c'e' nulla da vedere girando la testa verso l'alto: c'e' un "soffitto" che chiude la visione al cielo visto da sotto la terra.
Mi allontano da questa torre e vedo che una bambina è inciampata nella aiuole che circondano questa torre, l'aiuto a rialzarsi e tirando fuori una salvietta umidificata le pulisco il ginocchio con una ferita poco grave che sanguina un po', le dico in inglese di star tranquilla e che le passerà presto, poveretta...
La luna se ne sta andando e allora questi ragazzi mi dicono di seguirli in un albergo che mostra una visione della luna ancora piu' che buona, arriviamo e ci accoglie il titolare-cameriere che ho gia' visto in passato! Si, l'ho conosciuto nel 1995 quando andai a Parigi: parla bene l'italiano ed è simpatico. Gli dico che mi ricordo di lui, e che ci aveva dato delle camere che sono le stesse in cui ci troviamo ora per fare le foto alla luna dal balcone. C'e' poca luce e devo appoggiare la macchina fotografica sulla ringhiera del balcone per evitare di fare foto mosse... pero' la luna si sta confondendo nel cielo, e mi sto perdendo questo spettacolo unico e irripetibile, questi ragazzi con me e altre persone nelle stanze mi distraggono e non riesco mai a fare una foto decente, inoltre con la macchina fotografica che ho non è possibile fare piu' di tanto... intanto la luna svanisce, oramai è rimasta solo della luce confusa nel cielo, simile un po' all'aurora boreale... peccato ho perso questa occasione.
Sogno del 23 febbraio 2008

E' domenica 24 febbraio, il cielo è grigio, di quel grigio triste che non promette sole. Parcheggio la mia golf in via Dante, di fianco al muro in mattoni vicino al cancello scorrevole dell'oratorio di suzzara. Spengo l'auto, apro la portella per far entrare un po' di luce e di aria e intanto tiro fuori il navigatore e lo imposto con l'indirizzo. Sto letteralmente digitando il nome del paese in cui dovrò andare, Pia... che qualcuno mi saluta con un bel "Ciao Max!", guardo ed è l'Elisa, biondissima con gli occhiali da sole. Mi dice di venir fuori che mi deve parlare, cosi' lascio il navigatore acceso in auto, la chiudo e seguo la mia amica che mi fa notare che è presto per partire, perchè sono solo le 11 di mattina e io devo essere là alle 16.30!!!
Mi ritrovo in una piazzetta circondata da palazzi, in mezzo alla piazzetta ci stanno delle rovine di edifici medievali o forse romani, il sole illumina la piazzetta che è per gran parte in ombra a causa di qualche albero grande piantato tra le rovine che rende la luce e il clima gradevole, c'e' qualche panchina attorno a queste rovine. Probabilmente è un pomeriggio tranquillo e mite di maggio e io mi trovo in una piazzetta di una città che non conosco.
Le rovine antiche sono piuttosto piccole e guardando meglio appaiono in stile romanico, fatti da mattoni a vista alternati a "cemento", essendo in rovina c'e' solo qualche resto delle mura e nessun tetto.
Elisa si avvicina a uno di questi e io la seguo, "entra" in quella che sembra una vecchia cappella rettangolare per riti sacri, guarda in alto e mi indica una serie di "rientranze" fatte nel muro di mattoni a vista e ricoperte di cemento dell'epoca e mi dice: "Guarda, qui ci potrebbe stare una madonna piccola, un po' come nelle chiese attuali che ci sono i santi in quelle specie di rientranze curve nei muri", io la correggo e le dico: "Ma no, questo era un tempio pagano, vedi che non c'e' neanche un crocifisso in pietra o pitturato sul muro? E poi ci sono tanti "buchi" nel muro per ospitare più statuette di varie divinità, ovvio che non è cristiana". E mentre guardiamo queste rovine lei comincia a spiegarmi perchè mi ha cercato, mentre parla i suoi occhiali da sole cambiano forma, prima rotondi poi rettangolari, poi ancora rotondi grandi come andavano negli anni 70/80...
Poi questa mia amica sparisce e mi ritrovo da solo in questa piazza mentre guardo ancora queste rovine: con me ora c'e' un'altra mia amica che guardando questi edifici antichi comincia a fare pensieri a voce usando un tono poco piu' forte di quello "normale" e riconosco il suo stile deciso mentre fà le sue affermazioni. Dice: "Io conosco questi edifici, io li ho gia' visti, ma d'altra parte io sono 1000 anni che sono in vita" e lo dice in modo tale da attirare l'attenzione su di sè delle persone accanto a noi che passano e che si girano incuriosite ad ascoltare, tra queste vi è un uomo/turista con la barba seduto su una panchina con cui lei si mette a chiacchierare delle dei suoi 1000 anni di vita. Mi stupisce questa sua volontà di confessare ai quattro venti queste cose così intime e delicate che io già conosco. Tutt'attorno a noi e sui palazzi che circondano la piazza ora ci sono frotte di turisti, la giornata è bella ed è normale vedere tanti giovani che camminano: essi non mi infastidiscono e provo a fare foto a queste persone che si trovano affacciate ai palazzi o di fianco alle rovine, un palazzo addirittura non è fatto di finestre e di muri ma è simile a un parcheggio sopraelevato scoperto e quindi si vedono anche li gruppi di ragazzi seduti a riposare e a chiacchierare. Cerco di fare foto anche a loro puntando l'obiettivo in alto ma le foto non sono poi cosi' interessanti e lascio perdere.
Cammino da solo verso un edificio, entro e scopro che è una chiesa, dentro ci sono una decina di persone che ascoltano un uomo che sta facendo una sorta di rito sacro, una mezza via tra una preghiera e una formula di rito. Appena finisce dice che nessuno puo' uscire, perchè il rito è compiuto e non si puo' andare via come se niente fosse: a me questa cosa da fastidio e anceh ad altri e quest'uomo sentendo le lamentele di alcuni si arrabbia e comincia a diventare esagitato, invasato, tira fuori un coltellino e dice che ucciderà chiunque se ne vuole andare perchè non è possibile violare il rito. Mi fa pena! Forse è un E. e riconosco un po' lo stile di questa corrente di cristiani, sempre molto esaltati, fin troppo, quasi da film americano...
Riesco a scappare via perchè di questo falso prete non ne voglio sapere piu' nulla.

giovedì 21 febbraio 2008

Fanculo

Hey! In salotto ci sono delle vecchie conoscenze, incredibile, adesso vado lì e sfodero la mia calma e tranquillità...se fosse per me darei loro dei calci nel culo perchè se li meritano, quei mediocri bigotti...invece entro in salotto e li saluto in modo educato ma vigoroso. Ovviamente non mi aspettavo la loro visita, ma d'altra parte...prima o poi dovevo incontrarli (indipendentemente dalla mia volontà).
Eccolo, tra di loro, sempre seduto, colui che si meriterebbe una punizione di quelle da non scordarsele per tutta la vita. In un istante mi ritrovo in auto, sono seduto dietro, davanti a me sta il guidatore, sempre lui, S, alla guida della sua cazzo di auto. In auto con me c'e' Stephanie e Alessio. Siamo fermi nel mio cortile e non so dove dobbiamo andare con l'auto...invece di insultare a morte e far sentire una merda S, gli do una pacchetta sulla spalla destra e gli chiedo in modo sinceramente interessato: "Come stai?".

S risponde: "Eeeh ho dei problemi ai denti, è colpa dell'acqua calcarea, mia mamma sta cercando di fare qualcosa" e altre frasi dette con tono di voce basso di chi sta soffrendo per un dolore fisico. Strano che da parte sua ci sia questa sofferenza e questo tono da lebbroso...no aspetta, è normale, S fa il duro ma poi sotto questa pseudo-scorza dura è piuttosto bravo a fare la vittima, perchè la realtà è un'altra, la realtà è piu' dura ed è anche colpa sua se è così.
Esco dall'auto perchè non ho più nulla da fare, mi incammino verso il cancello, esco e subito parcheggiata alla mia destra c'e' una vecchia 500 blu con paraurti metallico rosso. Anche il volante interno è rosso. L'accendo, parto e faccio un giro e mi ritrovo in collina, la 500 fa fatica ad andare avanti con le pendenze della strada sterrata, sento il motore che aumenta di intensità e di tonalità con il rumore che fa nello sforzo di spingere. Nulla da fare, devo spegnerla. Mi fermo proprio dove ci sono dei contadini che stanno maneggiando del fieno: chiedo loro informazioni se sanno come far partire meglio la 500 e come guidarla in montagna, ma essi non capiscono, non hanno mai sentito parlare della 500, e nonostante io mi metta a spiegare che è un'auto vecchia degli anni 50 non comprendono nulla!!!
Forse so il motivo di questa loro ignoranza: stranamente mi ritrovo in Italia nei primi anni 50, dove lo stile di vita è brutto, c'e' austerià, moralismo in tutto...e la 500 non è ancora uscita. La gente è ipocrita, soprattutto BIGOTTA. La mia 500 si è trasformata, è rimasta 500 ma è diventata station wagon e pitturata come un'ambulanza. Le portelle dietro sono bianche, i contorni rossi, la croce rossa... le due luci rosse attaccate al tettuccio... pero' è piccola, e penso tra me e me che nessun'uomo potrebbe starci coricato. Beh, in effetti, mi ritrovo negli anni 50 e tutto è inadeguato.
E' mattino e giro per la piazza di un paesotto, trovo dei ragazzi che vogliono andare in un locale riservato solo ai maggiorenni...bah, che cavolata...ma decido di andare assieme a loro. Entriamo e c'e' una stanzina piccolissima in cui in fondo c'e' un banco dietro cui una ragazza cinese ci dice di prepararci e toglierci i vestiti. Tutti i vestiti, anche le mutande! Altrimenti non si puo' entrare nel salone. Ma a me sta cosa da fastidio, io non sopporto queste richieste, queste cazzate! Cosi', rimanendo a torso nudo prendo un foglio che avevo in tasca e ci scrivo sopra con un pennarello le scritte "VAFFANCULO STRONZI" o una cosa del genere, apro la porta del salone e butto il foglio dentro. Dal salone sento voci di gente incazzata per il mio gesto ma a me non importa, loro sono solo dei mediocri pecoroni, io penso con la mia testa e a certe cazzate io rispondo a tono, che rimangano nel loro brodo quei ragazzi sfigati e ignoranti. Anni 50 di merda!. Esco da quel locale e faccio altre cose ma il sogno è confuso e non ricordo nulla, di sicuro in qualche modo però torno alla mia epoca.

giovedì 14 febbraio 2008

Un sogno "psicosomatico"

Sogno del 9 settembre 2002

E' una notte d'estate. Il cielo è nero e ricorda solo vagamente il classico "blu notte" perchè c'e' la luna piena che da un punto imprecisato illumina il luogo in cui mi trovo. Sono coricato su un tavolo di legno spesso e robusto di quelli che si trovano alle feste della birra o nei giardini di montagna: sono posizionato a pancia in su, con le ginocchia piegate, i piedi sul legno del tavolo e dietro alla testa le mani a mo' di cuscino. Mi sto rilassando e mi sto godendo la calma e il caldo non eccessivo della notte. La luce della luna illumina tutto attornoa me come un faro discreto e rassicurante.
All'improvviso, da un punto in alto imprecisato alla mia sinistra e come se ci fosse una mensola nascosta alla mia vista, compare un gatto nero che mi salta sul fianco sinistro della pancia, miagola e scendendo giu dal tavolo se ne va...
A questo punto, separo le ginocchia piegate aprendole un po' e guardo attraverso di esse rimanendo coricato: vedo un viso di una ragazza dai lineamenti giapponesi con gli occhi spalancati e una espressione di terrore e di spavento, dalla bocca le esce sangue che la sporca su tutto il mento....la ragazza non emette rumore, c'e' un silenzio di tomba... la vista di questa persona mi spaventa tantissimo e mi sveglio all'improvviso spaventato e teso. Dopo qualche minuto mi rimetto a dormire.

Qualche ora dopo mi son svegliato con un forte dolore nell'addome in un punto precisato vicino al fianco sinistro, dove il gatto nero mi era saltato sopra in sogno...

martedì 5 febbraio 2008

Dispetti

Mi trovo in un negozio d'abbigliamento dell'outlet all'uscita dell'autostrada Mantova Sud. Sono con il Ferro e mi sto provando dei soprabiti o dei cappotti... insomma un indumento autunnale che mi dovrebbe dare un'aria seria e "professionale" nonchè farmi apparire più carino del normale. Stranamente questi indumenti assomigliano di più a coperte da letto marroni o nere da mettersi sulle spalle e lunghe fino al ginocchio... io ne provo uno nero e lo giudico sufficientemente bello, il Ferro invece ne prova e acquista subito uno identico ma dal colore marrone spento. Mi guardo allo specchio del negozio e non sono ancora totalmente soddisfatto, tuttavia è quello che va di moda al giorno d'oggi e quindi accetto di comperarlo. L'uomo che mi ha appena fatto provare il soprabito mi dice il prezzo: 160.000 lire! Che poi non so perchè ma nella mia testa diventano 160 euro. Porgo con scarso entusiasmo la mia carta postepay e in qualche modo riesco a bloccare il pagamento, perchè la transazione elettronica non va a buon fine. Allora dico al commesso che pagherò domani, e che intanto lascio li il mio triste soprabito... così esco un po' felice perchè l'ho "fatta franca".
Ma il commesso non si arrende, il commesso la prende come un fatto personale e comincia a cercarmi, a inseguirmi, a verificare che la mia postepay sia vera o tarocca, e non molla!
Io mi trovo a camminare nel pomeriggio tardo per strade che passano tra palazzi alti e freddi, o mi trovo a correre o a chiacchierare con il Ferro che intanto si tiene il suo soprabito bello addosso e io continuo invece a non essere convinto della bellezza di questo indumento...
Questa fuga, questo pagamento che non avverrà mai nel mio sogno, è inframmezzato da immagini di me all'età di 12-13 anni in cui mi trovo nello stesso luogo (strade che passano attraverso palazzi alti di cemento dal colore azzurro freddo e scuro) e combino varie marachelle. Si perchè i palazzi sono abbandonati e io rompo finestre, sfondo porte d'entrata, faccio cadere oggetti, correndo di qua e di la in questo luogo silenzioso... ogni tanto incontro dei coetanei che come me si rifugiano in uno di questi palazzi e poi escono in giro a combinare dei danni alle mura di questi posti tristi...
Ritorno al giorno d'oggi ed ecco ancora questo commesso, che mi parla e mi dice che non ho pagato, gli dico di stare calmo, che tanto non c'e' nulla da preoccuparsi e che la mia carta è autentica... pero' apgare quei 160 euro... proprio non mi va, è un acquisto brutto, soldi buttati!

domenica 3 febbraio 2008

La presentazione infinita

In un pomeriggio d'inverno dal cielo oscurato da diverse nuvole che prendono un po' il colore del cielo azzurro e arancione del tramonto, mi trovo nella piazzetta dell'Outlet di Mantova Sud. Non c'e' nessuno: tutti i negozi sono chiusi, tutto è spento, non vi sono lampioni o lampadine accese, il silenzio di tomba regna ovunque. I cancelli di entrata però sono aperti e in lontananza, guardando attraverso le entrate vedo che il cielo è scoperto con un colore che tende all'azzurro tipico del tramonto avanzato.
Mi trovo in un angolo di questa piazzetta semibuia, vicino a uno dei cancelli aperti e... sto davanti a uno schermo per diapositive aperto (schermo quadrato, con supporto metallico incorporato) su cui da un punto indefinito viene proiettata la presentazione in powerpoint per la tesi di laurea. La sto ripassando e parlo a voce alta (l'unica che taglia il silenzio) mentre scorrono le slides. Lo sfondo di queste slides è azzurro chiaro, il testo nero in carattere Times New Roman. Mentre guardo lo schermo mi viene un po' di ansia perchè ho paura di aver scritto qualcosa in modo errato o di non aver formattato bene il testo.
C'e' qualcuno che assiste, di sicuro c'e' la Vale che sta osservando tutto, ma io non la vedo, avverto solo la sua presenza. C'e' pure qualcun'altro ma non si chi sia, soprattutto perchè tutti stanno in silenzio e si trovano nel punto indefinito da cui parte il raggio di luce che proietta le immagini sullo schermo... questo raggio di luce parte da un punto indefinito dietro di me, immerso nel buio dell'angolo della piazzetta in cui mi trovo.
Infine, a scandire il tempo che rimane per la presentazione, vi è al mio fianco sinistro e sospesa da terra senza alcun supporto, una grande clessidra gigante luminosa, alta circa un metro e mezzo che fa scorrere i chicchi di sabbia nell'ampolla inferiore. Appena i chicchi terminano, la clessidra (che oscilla su se stessa nel vuoto) si rigira da sola come l'icona del mouse di Windows per ricominciare da capo: in quel momento so che il tempo è scaduto e devo ricominciare di nuovo la presentazione per vedere se è corretta. Il tutto si ripete per un po' (come la condanna di un girone dantesco) tra l'angoscia della presentazione e la tensione data da chi mi osserva la nell'oscurità. Finalmente pero' mi sveglio, è notte... e posso sognare qualcosa d'altro.