martedì 29 aprile 2008

Vivo in un paese sulla costa del mare, forse in liguria, un paese dove il vento soffia sempre, il mare non è mai calmo ma sempre un po' agitato, quel tanto che basta per sentire continuamente il rumore delle onde che si infrangono sulla riva di sassi. Per qualche assurdo e/o sconosciuto motivo devo fare un esame scritto, devo rispondere a delle domande "aperte" per entrare a far parte del di questo paese marinaro in via definitiva. Non proprio del paese, ma della gente che vi abita. Devo unirmi a una sorta di comunità, fatta quasi esclusivamente di uomini (che tristezza) che si fa chiamare la "compagnia di Gesù". Queste persone girano con una sorta di coperta di lana sulla testa che arriva fin giu' ai piedi: un po' come nei film biblici. Tutte le facce di questi ragazzi sui 30 anni hanno la barba scura, gli occhi scuri, lo sguardo leggermente invasato in cui si legge la loro convinzione ed orgoglio ad appartenere a questa comunità di invasati religiosi.
Io non so perchè sono qua, ma devo fare questa prova scritta. La "sede d'esame" è una sorta di portico senza colonne che si trova al piano terra di un edificio vecchio di qualche secolo. Tale edificio, dalle pareti grigie e annerite, poggia direttamente sulla spiaggia di sassi ed è a poche decine di metri dal bagnasciuga (anch'esso fatto di sassi ellittici tondeggianti modellati dall'acqua) e il portico guarda direttamente al mare. Io arrivo sotto al portico dove mi aspettano questi ragazzi, sono disposti attorno a me e stanno appoggiati al muro e alcuni in piedi attorno a un vecchio tavolo rettangolare fatto di assi di legno scuro. L'unica luce che illumina il portico sembra essere quella di alcune candele abbastanza forti. Mi siedo dando la schiena al portico. Fuori, il cielo è annuvolato come se fosse tramonto inoltrato ovvero il sole non si vede piu' e rimane quel blu sempre piu' scuro che anticipa la sera... o forse no, forse è l'alba ma di questo non sono certo.
Mi danno un foglio protocollo a righe, di quelli che si usano a scuola, vi sono 3 domande scritte a mano sulla prima facciata, distanziate fra di loro di una decina di riche vuote in modo tale che si possa scrivere la risposta. Le domande sono a sfondo religioso, chiedono spiegazioni di concetti o descrizione di eventi biblici da sapere "a memoria". Io non ho studiato, mi ricordo vagamente qualcosa e scrivo qualche frase ma è faticoso anche scrivere 5 parole di fila: la carta è fatta in modo tale che la biro "scivola" e bisogna calcare con la mano. Insomma non riesco a scrivere tantissimo e poi questa storia dell'esame non mi interessa, cosi' come tutti questi ragazzi invasati.
In qualche modo riesco ad andarmene via da questo posto e mi ritrovo nel paese: il cielo è sempre scuro, si oramai sono certo che è il tramonto inoltrato, un vento freddo e non troppo forte soffia costantemente fra le case. Non esiste alcuna luce per illuminare le strade strette che permettono di girare tra le case, gli edifici hanno aria decadente, le finestre sono tutte chiuse con le tapparelle abbassate, trovo una o due vecchie silenziose che camminano... Successivamente, in qualche modo che non ricordo, ritorno sotto al portico di quel palazzo a fare un altro esame, questa volta piu' interessante e in cui mi sento piu' preparato (nonostante non abbia studiato) e comincio a rispondere alle domande scritte quando una ragazza presente sotto al portico mi interrompe e dice che prima devo finire di rispondere alle domande del primo foglio protocollo, ovvero quello che ho lasciato in sospeso prima e in cui non sapevo che scrivere! Mi dice che è necessario, altrimenti non è valida la seconda prova. Questo fatto mi scoraggia, mi intristisce e soprattutto mi fa chiedere chi cavolo sono questi invasati che vivono in questo paese deserto e cupo.
Anche da questa situazione riesco ad uscire e mi ritrovo a parlare della mia esperienza appena vissuta con alcuni ragazzi del mio paese, sono all'aperto e la luce è quella di un mattino dal cielo grigio ma non da pioggia. Non ricordo altro, se non che raccontavo e chiedevo informazioni a loro su questa fantomatica "compagnia di Gesù". Roba da matti.

domenica 27 aprile 2008

Due brevi sogni confusi

Primo sogno.

Il padre, ma soprattutto la madre, di una ragazza con cui ho litigato qualche anno fa vuole fare la pace. Lo so, non so come mi sia giunta questa voce ma lo so bene e la cosa non mi turba, anzi, mi tiene sulle mie idee, sulle mie argomentazioni e punti di vista. Tuttavia l'atmosfera vissuta nel sogno è rilassata, le acque si sono calmate e non c'e' piu' quella tensione e quella "perversa cattiveria" palpabile a cui ero oramai tristemente abituato. La casa di questa famiglia ha le pareti i in vetro lucido e trasparente e la porta è di facile apertura e accesso. Cosi' entro nella casa, un po' teso ma comunque lucido, sereno e soprattutto molto serio, cosi' serio che sento contrarsi i muscoli attorno agli occhi (quelli che si trovano nella parte inferiore della fronte). Arrivano padre e madre che mi salutano con educazione e io mi siedo a un tavolo anch'esso di vetro. La madre comincia una brevissima discussione le cui frasi non ricordo ma che dai contenuti sono chiarissime. I suoi modi vogliono essere accomodanti, vuole sistemare tutto, è quasi servile nel modo che ha di parlarmi e nella espressione del viso. Ma io non voglio risolvere la cosa come vuole lei, io sono fermo sui miei punti, io sono inamovibile, io non ne voglio sapere di compromessi stupidi e mediocri. Cosi' mi alzo ed esco dalla porta. Ho fatto solo due passi e la porta della casa dietro di me si apre e la madre ancora cerca di convincermi a chiudere il discorso (si intuisce che sa di essere in torto) ma io la fermo e le dico: "si certo, adesso guardi chiamiamo un avvocato e seguiamo l'iter burocratico della legge e poi lasciamo decidere a un tribunale". La madre si spaventa e si sente vinta, io invece esco vincitore: non mi permettero' mai di cambiare i miei punti di vista, non voglio piu' avere a che fare con certe bassezze!
In un secondo momento ecco che vengo ancora invitato alla casa, questa volta a pranzo. Sono seduto allo stesso tavolo e la madre mi sta portando una pietanza, sembra scamorza affumicata calda aassieme a qualcos'altro, forse una frittella o uuna cotoletta...boh, fatto sta che capisco che vuole addolcirmi con questi metodi stupidi, vuole far vedere che si è ingentilita, che non è piu' la megera arcigna e stronza di una volta. No, non ci sto, questa cosa è irritante, mi alzo e me ne vado ancora. Non ricordo cosa le dissi. Di sicuro, ebbi l'ennesima conferma che io avevo ragione a stare sulle mie posizioni e che lei forse ha capito (ma non ancora del tutto) che ha sbagliato a comportarsi male con me, a trattarmi come un idiota. Io comunque rimango sempre piuttosto sereno, lucido e a pieno possesso delle mie facoltà. Per quanto l'evento sia in sè drammatico io rimango vincitore.


Secondo sogno.

Sono accanto a una ragazza che disegna molto meglio di me, io e lei stiamo facendo una sorta di esercizio di disegno (forse siamo a lezione) su un foglio piu' grande di un A3, un foglio ruvido probabilmente, e la matita grigia viene esaltata da della luce proveniente da dietro di me (sicuramente da una finestra), luce del cielo di un mattino: luce "bianca". Io guardo il mio disegno e so che quello che ho fatto l'ho raggiunto con fatica, costanza, forza di volonta' e anche passione, so che è stata dura e che pero' non è ancora finita. Accanto a me la ragazza disegna con una leggerezza della mano, con una facilita' e una graziosita' estrema: il suo disegno è molto piu' bello, piu' grande, piu' dettagliato (ad esempio con varie sfumature), piu' invitante da guardare del mio. Cosi' invitante che smetto di disegnare e mi metto a guardare quel disegno a matita e poi chiedo spiegazioni a questa ragazza su come ha fatto a imparare, le sue tecniche, qualche dritta ecc... e il discorso passa poi alla musica, le dico che sto imparando il pianoforte e che riesco a fare alcune cose in particolare. Lei dolcemente, con naturalezza mi spiega che sa fare quello e anche di piu' e mi fa vedere: li a fianco c'e' una tastiera di pianoforte e la sua mano si muove con abilita' degna di chi ha il pianoforte "nel sangue".
Io rimango stupito di tutta questa abilita' e sebbene la ragazza sia comunque modesta e non esibizionista, sento un po' una sorta di inferiorita' dentro di me, perchè mi rendo conto che la strada per arrivare al suo livello per me è ancora lunga.

mercoledì 23 aprile 2008

In un palazzo medievale con i mattoni a vista, ci siamo insediati io e tutti i ragazzi che fanno scout. Il palazzo ha tre piani e le scalinate sono molto ripide, io scorrazzo su e giu nel palazzo sulle scale.
Ritrovandomi al piano terra, noto che in questo edificio c'e' qualcosa che non va, e la individuo subito: porte che si aprono e si chiudono da sole, porte che sbattono, fenomeni vari di poltergeist, tra cui uno prticolare che improvvisamente butta all'aria un tavolo apparecchiato. Allarmato (ma ben cosciente di cio' che accade) avverto il prete che ci accompagna e una volta esposto il problema ci mettiamo d'accordo per fare qualcosa. In due, insieme.
Cosi' ci prepariamo per mandare via assieme questa presenza malefica. Mi ritrovo in una stanza semicircolare dai muri grigi e in alto (ma non le vedo, so solo che ci sono) almeno a 5 metri di altezza ci stanno delle finestre che fanno entrare la luce splendente del sole. Non vedo il sole ma so che c'e' perchè illumina la stanza semicircolare. Intuisco che io dovro' mettermi in posizione tale da guardare la parete semicircolare davanti a me, e a fianco a me ci sara' il prete del campo scout. Lungo le pareti, appoggiati con la schiena al muro e seduti su panche appoggiate alla parete curva, ci stanno diverse persone che insieme a noi due ci aiuteranno a mettere in azione il rito.
Poichè è la prima volta che vedo queste persone, decido di salutarle e comincio da quelle alla mia destra: sono 3 frati con tuniche grigio chiaro, hanno barba e baffi bianchi e parlano tra loro, li saluto e loro mi dicono qualche parola e poi continuano a parlare tra di loro, so che parlano della questione del rito e comunque sono sereni, mi ispirano fiducia e mi stanno anche simpatici. Passo alle persone immediatamente dopo di loro, anch'esse sedute: sono suore, con la tunica bianca splendente e che hanno un cappuccio (anch'esso bianco) un po' lungo che copre parte del viso, esse stanno praticamente immobili e non dicono nulla, cosi' passo oltre perchè non voglio irritarle. La persona che sta in fianco a loro la conosco, è una persona anziana morta anni fa, mi appare come nella foto che ho visto anni fa che la ritrae con gambe accavallate, espressione rilassata, capo dritto e sguardo che guarda in una direzione indefinita. Rimango stupito di vedere questa persona, cosi' la saluto con un caloroso "ciao" e poi la guardo negli occhi: questa persona comincia a parlare e dice tante frasi velocemente una dopo l'altra, mi pare che mi dica che quello che sto per fare è una cosa difficile e pesante, e infine comprendo bene una frase che dice: "non è arrivato ancora il tuo momento". A quel punto tutto si confonde intorno a me, le pareti e le persone diventano un vortice grigio e subito dopo una luce bianca forte copre tutto. Mi sto per svegliare, lo sento, e tutto sta accadendo in pochi secondi. Infine, sento due mani calde che mi toccano contemporaneamente la schiena dove stanno i reni, il tocco dura 1 secondo e poi sparisce. Adesso sono sveglio.

sabato 12 aprile 2008

La cattedrale maledetta

In un indefinito giorno dell'anno, ma sicuramente al pomeriggio, mi ritrovo a camminare dentro una immensa cattedrale italiana. Oltre a me ci sono turisti che camminano, guardano i quadri e le altre opere d'arte all'interno della mega chiesa. La cattedrale è di tipo gotico, lo capisco notando con la coda dell'occhio le alte e "lunghe" finestre che si elevano verso il cielo. La luce non è immensa ma cmq piu' che discreta per camminare e osservare l'interno. Io cammino nella navate centrale in direzione del presbiterio, e arrivatovi noto che c'e' un cartello che riporta un testo e sotto una freccia che indica la discesa in due piani sotterranei. Questi piani, dice il cartello, rappresentano uno una sorta di grande dormitorio spazioso rettangolare in cui dormivano i frati nei secoli passati e un'altro piano invece contiene fondamentalmente i servizi igienici. Decido di scendere per visitare entrambi i piani. Mentre il dormitorio è molto sobrio, essenziale ma spazioso e ben illuminato da luci che fanno risaltare i muri di un bianco panna, i bagni sono rappresentati da "corridoi" con pareti coperte da piastrelle rettangolari azzurro chiaro, tali corridoi sono larghi 2 metri e illuminati da luci al neon poste a 3 metri da terra, e sono corridoi che fanno curve e lungo i muri sono attaccati lavandini, qualche water, qualche specchietto, qualche bidet. Sul pavimento si trovano ovviamente rigoli d'acqua. I corridoi convergono su una stanza principale anch'essa illuminata da luci al neon piu' forti. In questi piani interrati ci vado solo io, e una volta che si sono percorse le stanze si risale al livello del terreno con una scala e si sbuca sempre nel presbiterio ma dietro l'altare maggiore. Io rifaccio questo percorso almeno 3-4 volte e sia all'uscita che all'entrata riconosco persone che conosco che stanno facendo i turisti ma che non sono attirate dal percorso dei piani sotterranei. Li vedo mentre parlano, sorridenti, mentre io non so per quale motivo sono serio, pensieroso e continuo a fare il mio giro all'infinito, forse per scappare da loro ed evitare di incontrare il loro sguardo e vedere le loro espressioni felici e appagate.
Sono appena uscito per la quarta volta dal mio giro dei sotterranei che qualcuno improvvisamente mi afferra con mano decisa e forte il braccio destro: è un uomo alto due metri, robusto, vestito di jeans, giacca di velluto a righe, camicia azzurro chiaro. Forse è uno della sicurezza, o il custode o cmq qualcuno che deve controllare l'ambiente. Mi guarda e mi dice: "Abbiamo fretta eh!" e io: "Eh si, sa sono un po' agitato.". Mi porta in una stanza adiacente al presbiterio (la cui porta non avevo notato prima, forse perchè ben mimetizzata nella parete) e mi fa sedere in questa stanza dal pavimento a scacchi. Accanto a me un'altra persona anziana si mette a raccontarmi della cattedrale e dei personaggi che nei secoli si sono susseguiti e che hanno vissuto nei piani interrati: santi, frati, preti, suore. Tutte persone che hanno fatto una vita di sacrifici, di riflessione, di preghiera. All'inizio i racconti sono interessanti ma poi comincio a stufarmi e a provare noia, mi alzo per andarmene ma questo vecchio mi prende per il braccio e mi rimette a sedere: io sono seccato e mi rialzo, vado verso la porta e... è stata chiusa a chiave!!! Il vecchio si rivela: è una persona malvagia, che negli anni ha sempre "intortato" i ragazzi come me per imprigionarli all'interno della cattedrale, si perchè l'edificio è solo una copertura per i suoi loschi scopi violenti: tenere imprigionate le persone, probabilmente per nutrirsi della loro 'energia', la loro vitalita'. Ha visto me e ha capito che ero la persona giusta da imprigionare per sempre, perchè ero da solo, che camminavo con lo sguardo perso, la testa bassa mentre tutti gli altri erano allegri e spensierati.
Mi ha detto che è impossibile fuggire. Oramai comunque si è fatta notte. Io pero' voglio fuggire da quella prigione, e ci voglio riuscire! Non so come, ma mi ritrovo a correre nel vasto prato che circonda la cattedrale, inseguito da un uomo che corre velocissimo con la faccia un po' da uomo e un po' da cane mastino, la sua bocca deforme ringhia fortissimo e i suoi occhi sono completamente neri, la pelle del viso è verde chiarissimo, mi corre dietro e soccomberei se non fosse per una pistola a tamburo nella mano destra che uso per sparargli continuamente al viso. Per fortuna i proiettili centrano il suo viso e riesco a indebolire la sua forza e quindi mi allontano di corsa dal prato illuminato solo dalla luce metallica della luna. Mi sveglio.

giovedì 3 aprile 2008

Primo sogno.

E' pomeriggio inoltrato, sta per scendere la sera e io sto lavorando in una saletta situata all'ultimo piano dell'edificio che sta di fronte a casa mia e che ospita le scuole medie. L'edificio ha un piano terra e un primo piano, piu' una saletta che funge da "terzo piano", unica e che si nota subito rispetto al tetto del primo piano. Dalle finestre vedo passare un uomo di fianco a casa mia, che guarda insistentemente la porta e le mura. Conosco quell'uomo "di vista", soche passa sempre di li e capisco che sta pianificando qualcosa, forse un furto o qualcosa d'altro ai miei danni.
Scende la sera, e io sono in casa, con le luci attese in salotto e nelle altre stanze del piano terra, le luci hanno un colore caldo e sono a incandescenza. Sento bussare, vado ad aprire e mi trovo con un complice di quell'uomo che girava sempre attorno alla casa: gli sbatto la porta in faccia e preso un po' dalla paura sprango la porta e mi allontano dall'ingresso per controllare con le finestre che non ci siano altre persone. L'uomo che tenta di entrare adesso sta cercando un modo di aprire la porta e vedo che tira fuori una sorta di filo elettrico alla cui estremita' si hanno delle scintille e le dirige verso un non-precisato oggetto di metallo che ha tirato fuori dalla tasca, come se stesse "scolpendo" una chiave ad hoc.
Ma io sono cosi' spaventato che scappo dalla mia casa e mi rifugio nella casa di fronte a me (che non è quella in cui stavo inizialmente al pomeriggio), anch'essa illuminata a piano terra da luci a incandescenza. Guardo cosa succede e intanto decido di chiamare il 112, una voce automatica mi risponde dicendo: "premere 1 per informazioni", "2 per problemi seri", "3 se si hanno almeno 47 persone che richiedono aiuto contemporaneamente" e via dicendo. Ma come è possibile che un numero d'emergenza del genere metta una voce automatica lenta e lunghissima? Faccio in tempo a morire prima! Premo il 2 e finalmente mi risponde una voce umana, spiego che nella mia casa il cui numero civico è 43 ci sta qualcuno che tenta di entrare e che io sto guardando il tutto dalla casa di fronte del mio vicino e che sono li' perchè mi conosce e mi ha lasciato entrare. Il fatto è che mentre sto telefonando (con il cellulare) sono all'aperto, e guardo la mia casa nascondendomi nella siepe del giardino del vicino (che sta dall'altra parte della strada). Sento dei tuoni in lontananza, poi forse vedo un flebile lampo, un temporale sta per arrivare, meglio cosi'! In lontananza sento anche una sirena, finalmente stanno arrivando! Ma tutto ora si confonde e mi sveglio.


Secondo sogno.

In un pomeriggio soleggiato, o al mattino inoltrato, in una stanza di un luogo non ben precisato, mi ritrovo a suonare con alcune persone. Io suono la chitarra, l'Ambro il flauto traverso, Alessio il clarinetto, il Ferro forse la batteria, il Bolo il violino. Suoniamo con lo spartito davanti, e siamo anche bravi, io stesso mi scopro piu' bravo del solito perchè erano anni che non toccavo una chitarra e suonare singole note leggendo da uno spartito non lo faccio piu' da tempo. Siamo li per suonare insieme, non so perchè ma va bene cosi'. La musica che facciamo è serena, tranquilla, armoniosa e in tonalità maggiore. Ogni tanto ci fermiamo perchè qualcuno di noi sbaglia qualcosa o non si ricorda piu' come fare un certo passaggio di pentagramma. A un certo punto mi dicono che dobbiamo suonare una canzone che facevamo anche in Oratorio anni e anni fa. Io tiro fuori un quadernone di altre canzoni per cercare quella che mi dicono (il titolo mi sfugge), sfoglio tutte le pagine ma non trovo quella giusta e anzi a un certo punto, a circa metà del quadernone, ho le pagine piene di foto vecchie: campi scuola, persone conosciute a 15-16 anni, momenti passati insieme...ma poi vedo che non sono foto che ho scattato io o che mi riguardano anche se sono foto che riguardano momenti che conosco. Gli altri ragazzi hanno gia' trovato la canzone e si sono spostati tutti in un'altra stanza per suonare insieme a tante altre persone che li aspettavano in quell'altra stanza. Io rimango li seduto, con la chitarra sulle ginocchia, un po' stupito per non trovare la canzone e nello stesso tempo non intenzionato ad andare di la a suonare perchè non ho le note e non mi va di cantare quella canzone sebbene mi ricordi le parole.

martedì 1 aprile 2008

1) Deve essere il lunedi dell'Angelo della pasqua 2008, esco dalla chiesa a messa finita ma non è mattina, è notte inoltrata. In piazza, di fianco alla chiesa, gente di Suzzara che conosco chiacchiera e ride, ma sono poche persone rispetto a quelle che vedevo anni fa. Quanti anni sono passati...riconosco alcune facce, alcune persone a cui mi sentivo legato e che ora hanno la loro vita e si sono dimenticate di me. Già, ma d'altra parte è cosi' anche per volere mio, purtroppo. In questa notte mi ritrovo a camminare verso il piazzale dell'Oratorio di Suzzara, dietro la chiesa, ci sono ragazzi e ragazze anche li. Riconosco K., che scappa via dicendomi che deve andare in ospedale e deve scappare subito! La rincorro, entra in una stanza dell'oratorio e ci entro anche io. La ritrovo seduta di fianco a un uomo con i baffi, un noto cantante italiano oramai scomparso che le sta facendo lezioni di pianoforte. Io intuisco il genere di lezione che sta facendo (si sta ascoltando la musica di uno spartito in tonalità maggiore per pianoforte) e mi metto subito a mio agio. Successivamente mi vedo con K. che suono il pianoforte nella stessa stanza con lei a 4 mani (la luce è al neon, le pareti bianche, il buio che si vede dalle finstre) , lei è brava, suona bene con armonia e serenità, ci sa fare, ma io ci so fare di piu' e la canzone dal ritmo moderato si trasforma sempre di piu' in "Great balls of fire" con le mie mani che viaggiano ad elevata velocita' sulla tastiera facendo virtuosismi. La situazione è gradevole, la musica pure, peccato pero' che K. in tutti i sogni scappi sempre via e io debba inseguirla. Un motivo c'e', e lo conosco gia'.



2) In un altro sogno sono nell'alto mantovano, ma forse gia' in provincia di Verona, vicino a Valeggio sul Mincio, è domenica mattina o primo pomeriggio, il cielo è grigio chiaro e sono con altra gente e decidiamo di andare in un multisala gigantesco che sta (pare) sempre in provincia di Verona. Io non ci sono mai stato in quella citta' dove si trova il multisalama a occhio credo di sapere dove sta e quindi con gran sicurezza salgo sulla mia auto e al mio fianco ci sta la Vale a cui do un passaggio. Si parte e subito vedo una indicazione stradale per un paese vicino a quello a cui dobbiamo andare, l'indicazone dice di girare a sinistra e io eseguo ma entro in una strada secondaria che mi piace poco... successivamente pero' mi ritrovo su una strada principale affollata, ai lati compare la pubblicita' di un supermercato che si sta inaugurando il giorno stesso, cis ono striscioni e cartelloni, ma io ricordo di che supermercato si tratta e so che è ubicato in una zona semideserta, un paese anonimo e tutta questa pubblicita' viene fatta per fare in modo che qualcuno ci vada! A un certo punto mi perdo, arrivo a un grandissimo incrocio le cui strade (compresa quella in cui sono io) si dividono in tante corsie, in mezzo all'incrocio una sorta di casello autostradale poco frequentato. Io tiro dritto (perchè sono sempre convinto di essere sulla strada giusta) ma mi fermo poco prima di superare il cancello del casello: vedo che ci sono telecamere per controllare chi va oltre il casello stesso, telecamere dall'aspetto familiare, si perchè sono usate per controllare le auto che entrano in zona traffico limitato. Mi lamento, dicendo che sono degli stronzi perchè non hanno messo il cartello che dice "Ztl", bastardi! Menomale, non mi hanno fotografato, adesso pero' devo tornare indietro e riesco con fatica ad allontanarmi da quell'incrocio schifoso. A questo punto tiro fuori il navigatore e chiedo alla Vale di impostare il viaggio, cosi' finalmente vedo dove sto andando... ebbene si, stavo sbagliando strada, sono andato lontano dal posto del multisala, ho sbagliato completamente strada e sono andato dalla parte opposta alla direzione esatta. Va bene, fa nulla, adesso mi metto in strada cercando di evitare di passare per quel mega supermercato che hanno aperto che sta "vicino" alla strada che devo fare per arrivare alla destinazione giusta.