giovedì 2 aprile 2009

Fuga dai tedeschi

E' una notte buia, illuminata da una luna piena che non vedo ma che sprigiona una forte luce fredda-metallica sul paesaggio montano in cui mi trovo.
Io, Alessio C. e un terzo ragazzo che non conosco ci ritroviamo in una sorta di luogo in cui vengono caricati i deportati ebrei per il campo di concentramento, è un luogo scarno, piccolo e che ha pochi elementi: intravedo il binario nel buio, l'unico, l'unica carrozza (stile littorina) pronta per la partenza e dietro la carozza un casottino di legno abbandonato, con una porta e una finestra senza infissi.
Davanti alla carrozza, dove vi è l'accesso centrale alla littorina per i viaggiatori, vi sta un mucchio di persone circondate da alcuni dai soldati nazisti che con ordini in tedesco secchi li obbligano e li forzano a salire. Ci siamo anche noi tre che attendiamo di salire, ma siamo in coda alla massa di persone e dopo che sono saliti tutti rimaniamo solo noi: non ci stiamo nella carrozza e quindi parte lasciandoci li fermi immobili ad aaspettare la prossima partenza. Il binario che percorre la carrozza è totalmente dritto ed è un binario morto che parte dal punto in cui siamo e va nella direzione che sta alla mia destra percorrendo una linea dritta e perdendosi nel buio della notte.
La carrozza si allontana senza rumore portando le persone al loro destino (prigionia, tortura, morte), all'altezza dei respingenti si notano i due "fanali" di colore rosso che permettono di distinguere il vagone nel buio, vagone che si allontana sempre di piu' e si rimpicciolisce insieme ai due puntini rossi delle luci-fanali. Io lo guardo allontanarsi e a un certo punto noto pero' che si è fermato, capisco che il campo di concentramento è li a poca distanza da noi e dopo un minuto ecco che noto che sta ritornando indietro per venire a prenderci.
Approfittando di un momento di distrazione dei pochi soldati che stanno li con noi, con uno scatto coraggioso e da pazzi Alessio comincia a correre verso il casottino di legno dove al suo fianco è presente una piccola salita percorribile a piedi, l'unica via di fuga non controllata!
Io lo seguo, impaurito e l'altro ragazzo senza dir nulla ci viene dietro. Corriamo tra le colline, attraversiamo probabilmente un bosco e io perdo di vista i due ragazzi.
All'alba, mi ritrovo a camminare per una strada asfaltata in salita e noto davanti a me i due ragazzi che hanno raggiunto con maggior velocita' un rifugio: stanno facendo colazione, sono seduti su un masso grande che si trova in corrispondenza di una curva della strada (un "tornante"), al loro fianco c'e' una vecchina del posto che si è offerta di dar loro un po' da mangiare, è seduta su un altro masso di fianco al primo e porta sotto il braccio sinistro uno scrigno di legno di medie dimensioni: non mi preoccupo dello scrigno, so che non devo guardarci dentro perchè contiene cose personali della vecchina. Essa mi allunga una brioche da mangiare, capisco che comprende la nostra situazione e non si fa problemi. Io mi appoggio a un alberello sempre vicino ai due massi e converso con lei e i ragazzi.
A un certo punto vedo spuntare, dalla stessa strada che ho percorso, poco piu' in basso, i soldati tedeschi capeggiati da un loro superiore, camminano in fila, sono in 4 + il loro capo. Forse non sanno che siamo scappati o forse non ci riconoscono perchè era buio la notte scorsa, ma ci passano di fianco, ci guardano e proseguono il loro cammino in salita. Poi tornano indietro sempre ignorandoci mentre percorrono la strada in discesa. Hanno appena svoltato alla curva e sono quasi spariti del tutto ma ecco che il loro capo si volta, mi guarda e ha una espressione sospettosa e perplessa, decide di tornare indietro e viene verso di noi da solo. In quel momento compaiono 3 ragazzi con vestiti americani che ci salutano e ci invitano ad andare a vedere una partita con loro, il capo tedesco notandoli torna sui suoi passi e se ne va con l'espressione allertata. Questi 3 ragazzi forse sono americani e c'e' speranza di essere salvati, quindi non siamo nel 1939-40 ma siamo verso la fine della guerra, menomale!

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