domenica 20 settembre 2009

Empatia

Sono un ricercatore universitario e lavoro in un edificio di cemento che visto dall'esterno sembra un casermone, assieme a questo edificio ve ne sono molti altri, così tanti da formare un quartiere dal colore grigio. Una strada che costeggia questo quartiere divide i nostri palazzi da un immenso parco di alberi e prato verde, tale parco è delimitato per tutto il suo perimetro da una ringhiera di metallo a sbarre verticali sottili distanti tra loro circa 20 cm, in modo tale che si puo' vedere tranquillamente dall'altra parte. Nel parco vivono e dormono, durante la notte, diverse persone considerate un po' la feccia della società: barboni, gente solitaria, qualche delinquente, qualche anziano. Queste persone pero' sono sveglie, alcuni sono molto intelligenti ma purtroppo sono persone ombrose, riservate e diffidenti. Io riesco a comunicare con queste persone e così riesco a risolvere alcune problematiche riguardante i loro rapporti con tutti gli altri abitanti del quartiere: il motivo per cui essi parlano volentieri con me è perchè li tratto alla pari, con umiltà e senza disprezzo, li rispetto e loro capiscono questo e rispettano me.
Con queste persone gli incontri per i "dialoghi" avvengono solo durante la notte, io passeggio lungo la cancellata stando all'esterno del parco e aspetto di vederne qualcuno, improvvisamente dal nulla ne spuntano 2 o 3 e io mi fermo a parlare con loro, essi sono spesso in penombra a causa delle luci bianche e fredde dei lampioni del parco, io li guardo in faccia e parlo con loro, essi mi rispondono in modo rapido e sintetico e la conversazione finisce li. A volte assieme a loro ci sono anche dei piccoli delinquenti che abitano sempre li al parco, io mostro indifferenza e loro non cercano di farmi del male.
Alla fine, quando me ne vado dopo la nostra "conversazione", essi mi salutano con un applauso di rispetto e fiducia, applauso fatto battendo le mani sul loro petto e per qualche metro mi seguono camminando. Io sorrido, li saluto umilmente con un braccio e torno nel mio palazzo sapendo di aver fatto qualcosa di buono.

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