mercoledì 20 agosto 2008

Sono arrivato a Rivalta sul Mincio, a piedi o in bicicletta, non lo so. So che mi ritrovo sul tetto di un garage del paese e da quella altezza riconosco le case e le strade piccole del paese. Salto giu' a terra per raggiungere una destinazione che so bene, una sorta di ritrovo per una gara di corsa o una camminata. Il paese è deserto, c'e' un silenzio irreale, ma tutto è illuminato da un cielo grigio chiaro. Camminando in una di queste vie mi imbatto in un edificio di legno che sembra un bar, costruito interamente con assi di legno pitturate di colore blu quasi elettrico. E' un bar la cui entrata è grande come il portone di un garage: quadrata, apertura a lato. Dentro vedo il bancone, le luci calde non troppo forti, le sedie, i tavoli. In piedi, in mezzo all'ingresso, ci sta il mega direttore della Apple, ebbene si. Dice che mi ha invitato a lavorare per lui e che mi devo trasferire a Milano e cambiare vita. Di fianco a me, seduto in auto sul lato passeggero ci sta Massimiliano, ragazzo che lavora con me nello stessa azienda. Lo guardo e lo interrogo e gli chiedo se anche lui fara' altrettanto: con un sorriso sobrio ma sincero mi dice che fara' cosi' anche lui, che si trasferira', perchè "bisogna" fare cosi'. Io non voglio farlo, non mi interessa, e lo dico apertamente: io sto bene dove sto, Milano mi fa cagare! Ma entrambi insistono. Il mega direttore fa riferimento a una email che mi è stata mandata appositamente per comunicarmi questa eccezionale opportunità. Io non ricordo di aver mai ricevuto una email del genere e lo faccio presente, allora il tipo della Apple mi dice che me la mandera'. Gli chiedo: "conosce la mia email?" ma a questo punto il direttore probabilmente si offende perchè conosce bene la mia email e per risposta mi chiude in faccia il portone del bar. Capisco che è il classico gesto "americano" del rispondere con gesti teatrali e anche piuttosto patetici, ma è un "si". Che tristezza.

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